Aprire un ristorante nel luogo “chiuso” per eccellenza: il carcere. A Torino il progetto ha un nome, Liberamensa, e da qualche mese è stato ufficialmente inaugurato all’interno della Casa Circondariale cittadina “Lorusso e Cutugno”. L’idea si deve alla Cooperativa sociale Ecosol (da cui è nata la cooperativa sociale Liberamensa) entrambe aderenti a Confccoperative Piemonte e alla lungimiranza della Direzione dell’Istituto di Torino che ha voluto che questa esperienza di inclusione lavorativa, di integrazione e crescita professionale prendesse forma “dietro le sbarre” ma aperta al pubblico. Un vero e proprio ristorante attivo il venerdì e il sabato sera (su prenotazione Tel. 3458784980 richiesti nome, cognome, luogo e data di nascita), in cui viene offerto un menù degustazione e vede impegnati direttamente i detenuti, sia nella preparazione dei piatti che nel servizio. Le sale sono quelle del Bar del carcere, un luogo ripensato e riqualificato con il contributo fondamentale della Compagnia di San Paolo e dello studio di architetti U.d.A. che, oltre a donare il progetto architettonico, ha coinvolto importanti sponsor del mondo del design.
Oltre alle produzioni interne di pane, pasta fresca, dolci, zafferano ed erbe aromatiche, trovano spazio altri prodotti di economia carceraria o direttamente collegati ad un percorso di legalità e di recupero ambientale, sociale e territoriale. Sedici i detenuti alle dipendenze della cooperativa, quattordici dei quali già in attività, perché Liberamensa, insieme all’altro brand dedicato alla produzione di farine (“Farina nel sacco”, da cui è nato un paio di anni fa il progetto della panetteria nel centro di Torino), è presente nel carcere torinese dal 2008 con una panetteria, attività di catering esterno e gestione del bar dell'istituto.
I sedici lavoratori della cooperativa quando non sono impegnati nell’attività del ristorante si occupano infatti della gestione del bar a beneficio degli agenti di polizia penitenziaria, del personale amministrativo, degli operatori socio-sanitari, delle cooperative sociali e dei volontari che operano nelle attività interne.
“La creazione di “veri” posti di lavoro all’interno del carcere – è il commento della Direzione della Casa circondariale - rappresenta una possibilità concreta offerta ai detenuti sul cammino della riabilitazione, in quanto il lavoro intramurario consente di percepire un reddito, di usufruire di un percorso formativo specifico in un settore che offre possibilità di occupazione all’esterno e di rendersi protagonisti di un percorso di cambiamento”.
“Ci piace pensare – spiega Piero Parente presidente della cooperativa - che Liberamensa possa essere presa come una testimonianza diretta, attraverso la qualità della sua offerta, di come si possano raggiungere risultati positivi, anche in un contesto particolarmente difficile, quando ad orientare le scelte ed il lavoro c’è la convinzione che il “cambiamento” si può raggiungere in qualsiasi realtà se alla base c’è un’assunzione di responsabilità da parte di ciascuno”.
Per Guido Geninatti, presidente di Federsolidarietà Confcooperative Piemonte, “Questi nuovi percorsi di Welfare, che partono in questo caso dal cibo e dalla convivialità, diventano l’occasione per costruire ponti con le persone che vivono una fase di ricostruzione del loro percorso di vita, dimostrando la forza che la cooperazione può esprimere insieme alle altre realtà impegnate sui temi delle politiche sociali”.