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Donne e cooperazione: Cristina Arrò

Donne e cooperazione: Cristina Arrò

L'intervista a Cristina Arrò, socia fondatrice della cooperativa sociale Andirivieni e membro del Consiglio Regionale e del Consiglio di Presidenza di Federsolidarietà.

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Tags: donne,   Cooperazione

Continua il viaggio tra donne e cooperazione, riflettendo sul ruolo delle donne in particolare all’interno delle imprese cooperative sociali.

Ne parliamo con Cristina Arrò, socia fondatrice della cooperativa sociale Andirivieni e membro del Consiglio Regionale e del Consiglio di Presidenza di Federsolidarietà. Inoltre è Presidente di Copernico, consorzio di cooperative sociali eporediesi e canavesane.


Qual è, secondo te, il ruolo delle donne nel mondo della cooperazione e quale valore aggiunto portano?

Cooperazione e ruolo delle donne vanno per me di pari passo: per le nostre imprese, vedo la necessità di continuare a lavorare, avendo ben presente i bisogni dei territori e delle persone che incontriamo quotidianamente, cercando di portare risposte che devono essere compatibili anche con le risorse e con gli scenari in continuo mutamento. Occorre un lavoro di visione e di realtà per dare concretezza ai desiderata: sognare, ma anche tradurre in pratica. Questa è la complessità di oggi: cambiare rotta di fronte a bisogni emergenti.

Tutto questo è molto nell’indole femminile, motivo per cui nella compagine delle cooperative sociali sono molte le donne che ricoprono ruoli di rappresentanza. Certo, la vecchia dirigenza ha ancora un atteggiamento un po’ paternalista nei confronti delle posizioni apicali ricoperte dalle donne, ma le nuove generazioni tendono ormai a liberarsi molto più facilmente di certi schemi.


Come sei entrata nel mondo della cooperazione e cosa può dare di più la cooperazione rispetto alla classica impresa secondo te?

Quando mi sono avvicinata alla cooperazione arrivavo dal mondo del profit, ma avevo voglia di lavorare per il mio territorio, il Canavese. Così ho iniziato con un gruppo di amici molto legati al nostro luogo di origine, di cui conoscevano i bisogni, le criticità e i punti di forza. Abbiamo costituito una realtà associativa che offriva servizi e opportunità in particolare a minori, famiglie e disabili. Eravamo un po’ dei pionieri, abbiamo fatto un lavoro di prossimità passo dopo passo, in armonia e collaborazione con i territori.

Nel 1995 quell’associazione è poi diventata la cooperativa sociale Andirivieni, recentemente trasformatasi in mista, di cui sono socia fondatrice e di cui oggi sono parte come direttrice dell’area A.

Essendo da quasi trent’anni nel mondo della cooperazione, posso dire che questo tipo di impresa offre al lavoratore un’attenzione e una flessibilità particolari: nelle nostre cooperative la conciliazione tra vita e lavoro è possibile, e questo è ripagato, perché le nostre operatrici, godendo di una garantita flessibilità, si impegnano ancora di più nella prestazione professionale. Ricevono e vogliono dare.


Cosa desideri o cosa vedi nel futuro della cooperazione per le donne?

Guardando al presente come al futuro, rivendico la pluralità e rifuggo i luoghi dove ci sono solo donne (o solo uomini). Solo la molteplicità di sguardi e di prospettive può restituire la complessità della realtà.

Da sempre ci sono uomini illuminati così come donne illuminate, e il ruolo delle brave cooperatrici è importante non in quanto donne, ma in quanto brave cooperatrici. Sebbene nel sociale vi siano molte donne a ricoprire ruoli apicali, a livello dirigenziale c’è spesso una predominanza maschile. In parte questo potrebbe derivare dal fatto che i compiti di rappresentanza siano talvolta percepiti come eccessivamente “formali” o burocratici, mentre molte donne possono tendere a una pragmaticità diversa.

Per questo non concordo sul fatto che si debba riconoscere alle donne un ruolo dirigenziale a tutti i costi: occorre dare le stesse opportunità, ma non per forza si avrà una parità numerica tra donne e uomini in questo senso.

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