Welfare: una parola che generalmente rimanda all’impegno di uno Stato nel gestire al meglio le risorse provenienti dal prelievo fiscale per distribuire benessere e tutela a tutti i cittadini. Un concetto che è frutto di una conquista storica, ma che oggi richiede di recuperare parallelamente un modello di welfare che, sempre riconoscendo il ruolo fondamentale dello Stato, introduca una sussidiarietà incentrata sulla comunità e sulla sua capacità di autorganizzazione.
Il ruolo della cooperazione
Proprio in relazione a questo modello di welfare entra in gioco la cooperazione, che rappresenta un vero e proprio modello di impresa a cavallo tra valore e funzionalità. Affiancando i concetti di welfare e di cooperazione, generalmente si pensa ad attività legate a educazione, salute, assistenza, pari opportunità. Esigenze centrali per le nostre società, ma che non esauriscono un’esigenza sempre più cogente: un bisogno profondo di comunità. Comunità come luogo di autodeterminazione delle persone, che richiede quindi un lavoro costante e tenace nel trovare risposte che siano sempre adattate al tempo, allo spazio e alle persone che di volta in volta la abitano.
È qui che la cooperativa ci viene in soccorso: con modalità che permettono di coinvolgere i cittadini a diversi livelli e con diversi ruoli, questo tipo di impresa può rispondere a bisogni più complessi e più profondi delle persone.
Se il dibattito su educazione, salute, cura, diritto di sussistenza è certamente fondamentale e centrale per la società, nelle nostre comunità appaiono sempre più urgenti bisogni diversi, in qualche modo legati a valori: la bellezza, il piacere, la soddisfazione di sé, la ricerca di occasioni collettive che possano aumentare la qualità di vita tutti i cittadini.
Visitare un luogo di bellezza, accedere a un’area paesaggisticamente suggestiva, camminare in luoghi di cui scoprire storia e tradizioni, fruire di momenti artistici, confrontarci con le meraviglie del futuro, sperimentare attività sportive e di cura del sé corporeo sono tutte attività che soddisfano naturalmente il bisogno di welfare individuale che proprio di questi elementi necessita per correlarli in modo coerente con gli altri percorsi di welfare oggi esistenti.
Quali strumenti per il welfare del futuro?
Proprio di fronte alla trasformazione dei bisogni di welfare dei cittadini, occorre creare e implementare strumenti che rispondano in modo strutturale alle esigenze dei cittadini, lavorando sul patrimonio comune e sul benessere collettivo.
Uno strumento estremamente attuale è certamente quello del partenariato speciale tra pubblico e privato (PSPP), previsto per i beni culturali di proprietà della Pubblica Amministrazione e che pone una base innovativa per la valorizzazione del patrimonio culturale nel nostro Paese. Un approccio lungimirante che vede nel bene culturale un fulcro attorno a cui dare vita a un progetto di sviluppo rispetto al quale pubblico e privato condividono visioni e obiettivi. Un percorso nuovo che guarda anche a logiche generative di welfare, nel quale il bene culturale diventa occasione di pianificazione strategica per lo sviluppo sostenibile delle comunità. Insieme ad Anci e Terzo Settore, la cooperazione ha dato vita a un Osservatorio per mappare, analizzare e sostenere la diffusione e la conoscenza dei PSPP. Uno strumento importante per fare sintesi di quanto sta accadendo e per mettere in rete le buone pratiche, così da creare sempre più consapevolezza sulle opportunità che questi nuovi strumenti normativi mettono a disposizione tanto della Pubblica Amministrazione quanto dei privati.
Ma non vi è solo il PSPP tra gli strumenti utili ad attuare nuovi modelli di sostenibilità. Pensiamo ad esempio alla co-programmazione e alla co-progettazione, mezzi interessantissimi che avrebbero bisogno di una più coraggiosa affermazione da parte del pubblico.
Si tratta di due strumenti normati dall’articolo 118 della Costituzione, che attribuisce ai Comuni le funzioni amministrative su un territorio e li invita a supportare, in sinergia con altri soggetti, l'autonoma iniziativa dei cittadini singoli e associati per lo svolgimento di attività di interesse generale sulla base del principio di sussidiarietà.
Questa visione è stata ampiamente recepita dal Codice del Terzo Settore, che evidenzia che le amministrazioni pubbliche, in attuazione dei principi di sussidiarietà, sono chiamate a organizzare tutte le attività, volte ad attuare un’azione di raccordo con i soggetti del Terzo Settore all’interno delle comunità locali. Forme di coinvolgimento attivo degli enti del Terzo Settore sono dunque la co-programmazione, la co-progettazione e l’accreditamento.
La normativa vigente, pur non giungendo a equiparare i soggetti pubblici con i soggetti del Terzo settore, vede comunque il Terzo Settore come soggetto impegnato in attività di interesse generale che lo rendono omologo per finalità all'ente pubblico, visione già tratteggiata nella legge istitutiva della cooperazione sociale.
In tale contesto normativo, la co-progettazione e la co-programmazione trovano il proprio fondamento nei principi di sussidiarietà, trasparenza, partecipazione e sostegno dell'impegno privato nella funzione sociale e un ambito di applicazione nella molteplicità delle attività di interesse generale.
Gli istituti della co-programmazione e della co-progettazione possono sia generare un arricchimento della lettura dei bisogni anche in modo integrato rispetto ai tradizionali ambiti di competenza amministrativa degli enti, sia agevolare la continuità del rapporto di collaborazione sussidiaria e una qualificazione della spesa, proprio per l’esistenza, a monte, di un’analisi complessiva di tutte le potenzialità da mettere in campo a fronte della necessità di rispondere a bisogni.
Un futuro di welfare cooperativo
Occuparsi in modo consapevole di questa trasformazione è un atto di responsabilità imprescindibile in questa fase storica, per garantire uno sguardo generativo e volgersi verso un cambiamento che abbia nell’attenzione verso tutti il suo cardine. Non possiamo correre il rischio di impoverire le comunità di servizi, relazioni, lavoro, in altre parole di attenzione alle persone. Abbiamo la responsabilità di essere autori della costruzione di società nuove, nelle quali il benessere delle persone sia davvero il fine. È una trasformazione storica che lascerà il segno per decenni nella nostra vita quotidiana. Avere chiaro tutto questo significa non occuparsi “soltanto” di welfare secondo schemi tradizionali, ma occuparsi concretamente del mondo in cui vogliamo vivere e che vorremo lasciare alle nuove generazioni.
In prospettiva, pensando alle nuove frontiere del welfare, servirà dunque una riflessione sul ruolo centrale della cooperazione, che rappresenta la sola impresa in grado di mettere al centro le persone e i loro bisogni: è infatti certamente “strumento” contenuto nel Codice Civile e, quindi, indiscutibilmente impresa, ma è anche sempre portatore di un dettato costituzionale che ne definisce il carattere di mutualità e l’assenza di fini di speculazione privata.
Dunque, siamo in presenza dello strumento naturale per estendere i confini del welfare oltre a quelli oggi conosciuti e praticati, attingendo anche a giacimenti di risorse altrimenti inesplorabili.