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Senza sostegno, la Rete Antitratta piemontese rischia la chiusura

Senza sostegno, la Rete Antitratta piemontese rischia la chiusura

Il progetto preso a modello dall’Unione Europea, non riceve più i fondi per mantenere il sistema che aiuta le donne vittime di violenza e sfruttamento.

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Tags: Federsolidarietà,   Cooperative,   rete antitratta

Dal 2000, molte realtà cooperative e associative sociali piemontesi, in accordo con il Ministero delle Pari Opportunità e la Presidenza del Consiglio dei Ministri, hanno unito le forze e creato una rete per contrastare la tratta di esseri umani, aiutando le vittime ad uscire dai circuiti di violenza e sfruttamento.

La cooperativa Progetto Tenda, che dal 1999 si occupa di accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati, insieme all’associazione Piam di Asti, Associazione Liberazione e Speranza di Novara e Sermig Centro Come Noi Sandro Pertini, sono i creatori di questo sistema, preso a modello dall’Unione Europea, che ha deciso di potenziarlo e definendolo una buona prassi europea con l’auspicio che sia replicabile anche in altre Nazioni.

Ad oggi, sono 55 le donne scappate dagli sfruttatori accolte nei nostri centri e in quelli di altri attori di Confcooperative, divise nelle zone di Torino, Cuneo e Biella.” – commenta la presidente della Cooperativa Progetto Tenda, Cristina Avonto - “Sono soprattutto donne nigeriane, trasportate dal loro paese fino a qui con l’inganno, per poi essere gettate in condizioni tremende, stalkerate e sfruttate. Alcune sono madri che portano con sé il proprio bambino o donne che, spinte dal fatto dell’essere rimaste incinte, trovano il coraggio di denunciare. Sono testimoni di giustizia, che dopo aver denunciato sono coinvolte nei processi e necessitano di essere tutelate e protette nei luoghi sicuri. Inoltre, iniziamo ad avere casi di persone transessuali, su cui la situazione sanitaria e psicologica è ancora più tragica”.

A partire da luglio 2019 però, il finanziamento della Commissione Europea, già trasferito alla Prefettura di Torino, non arriva agli enti gestori, mettendo così a rischio il sistema che conta ad oggi 200 posti di accoglienza, che dovranno presto essere chiusi. Gli enti hanno comunque continuato a pagare gli stipendi degli operatori e a garantire la sicurezza di queste donne.

Questo è sì un progetto sociale di aiuto alle donne, ma è altresì un progetto che combatte i trafficanti di esseri umani e le reti criminali e mafiose, in particolare alla mafia nigeriana qua in Piemonte.” – aggiunge Cristina Avonto – “L’amarezza più grande è constatare che le Istituzioni dello Stato, che dovrebbero sostenere le iniziative da loro promosse, le ostacolano. Rischia di essere una sconfitta civica e morale per tutti.

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