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La zootecnica non è uguale per tutti

La zootecnica non è uguale per tutti

Asprocarne, aderente a Fedagri Confcooperative, insieme al Consorzio Italia Zootecnica espone in un comunicato le ragioni di tanti capaci allevatori, che rischiano di essere messi all'indice da un attacco mediatico.

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Tags: Asprocarne,   allevatori

Sabato scorso, al Nursery Campus Universitario di Pistoia, nel pomeriggio, si è tenuto il confronto/scontro tra Giuseppe Cruciani, conduttore della trasmissione “La Zanzara” su Radio 24 e la giornalista Giulia Innocenzi, autrice del libro “Tritacarne” e conduttrice televisiva, in odore di scoop su Rai 2, per immagini rubate di notte in alcuni allevamenti, che dovrebbero essere il filo conduttore di alcune prossime trasmissioni  sui maltrattamenti agli animali nei cosiddetti “allevamenti intensivi”.

L’incontro è stato organizzato da Carneitaliana.it, moderato dallo psicologo Pierluca Birindelli, con la partecipazione di un pubblico selezionato via Twitter, circa 80 persone e, tra questi, anche il direttore del Consorzio Italia Zootecnica, Giuliano Marchesin.

Sin dalle prime battute, sono volate scintille tra Cruciani e la Innocenzi, entrambi in posizioni diametralmente opposte, con sottolineature anche ironiche, da parte del primo, soprattutto nei confronti dei vegani e tentativo da parte della Innocenzi, di tenere alta la tensione sul suo libro Tritacarne e sulla necessità, secondo lei, di ridurre i consumi di carne.

L’uditorio, sondaggiato dal moderatore, che ha chiesto quanto onnivori fossero presenti in sala, tutti, tranne una vegana e una vegetariana e quanti avevano letto il libro, solamente in due, ha dato la sensazione di essere presente più per la notorietà dei personaggi in campo, che per i contenuti del libro della Innocenzi.

Libro che fa un miscuglio di fatti realmente successi (uno su tutti, lo scandalo del Macello Italcarni di Brescia con le vacche macellate a fine carriera) ed un tentativo di narrazione con termini forti, inseriti nei vari capitoli, per cercare di tenere alta la tensione del lettore e convincerlo a leggere tutte le 259 pagine.

Per chi riesce a leggerlo tutto, la prima cosa che balza agli occhi è che non c’è traccia di allevamenti di bovini da carne e, per ammissione della stessa Innocenzi, su una domanda specifica rivolta dal direttore Marchesin, non ci sono nemmeno filmati che girano su maltrattamenti di bovini da carne.

Nel libro si citano soprattutto i maiali, poi i polli, i vitellini maschi bufalini, i conigli, le vacche da latte e quelle a fine carriera e vengono descritte le scorribande notturne, condite da suspens, per rubare immagini negli allevamenti, far capire al lettore i rischi, anche fisici, che vanno per la maggiore nelle inchieste giornalistiche.

Possono rallegrarsi gli allevatori di bovini da carne ad essere esclusi dal “libro/denuncia” e da immagini cruenti? Assolutamente no, perché quando la Innocenzi cita nel suo libro il sistema “intensivo”, l’uso degli antibiotici in zootecnia ed il maltrattamento degli animali, per il consumatore, la carne è carne e non fa certo distinzione tra polli, maiali o vitelloni.

Gli allevatori di bovini da carne possono essere orgogliosi del loro lavoro e di un sistema che funziona perfettamente, grazie alla tracciabilità che, dagli anni 2000, è stata resa obbligatoria da Regolamenti comunitari, che hanno introdotto l’etichettatura facoltativa delle carni bovine che, imponendo il rispetto di un disciplinare di produzione e sottoponendo tutte le aziende ad un regime di autocontrollo e di controllo, ha obbligato, di fatto, tutti gli allevatori ad allinearsi con le norme ed a rispettare il benessere animale, già vent’anni fa.

L’argomento etichettatura per gli altri settori (maiali, polli, conigli, ecc.) ha iniziato ad affacciarsi in tempi molto recenti e, per effetto anche del lobbismo “dell’industria dell’anonimato”, stenta a decollare nel modo adeguato.

Su questo ed altri argomenti è intervenuto durante il vivacissimo confronto, il direttore Marchesin, con degli esempi pratici, per far riflettere l’uditorio ed in primis Giulia Innocenzi, per far capire che la parola “intensivi” non calza per i bovini da carne e che va tradotta in “allevamenti protetti”.

Marchesin ha inoltre ricordato alla Innocenzi che “sparare sul mucchio” è da incoscienti poiché, per ogni allevamento di bovini da carne, c’è una famiglia che lavora e vive dignitosamente. Se ci sono dei malfattori, vanno isolati e denunciati.

Marchesin ha informato la Innocenzi che sta decollando il Sistema di Qualità Nazionale Zootecnia e, presto, i consumatori potranno distinguere la carne prodotta in Italia, grazie al marchio “Sigillo Italiano” ed in Veneto anche con il marchio “Qualità Verificata”.

I Disciplinari di qualità e l’etichettatura facoltativa delle carni bovine sono un’ulteriore garanzia per il consumatore ed un deterrente fortissimo per quelle poche “mele marce che potrebbero inquinare il cesto”.

Al termine dell’incontro Marchesin ha invitato Cruciani e la Innocenzi a visitare alcune stalle degli associati ad Italia Zootecnica, per vedere di persona come lavorano con onestà e professionalità gli allevatori di bovini da carne italiana.

 

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