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Storie a colori dal Piemonte: Cooperativa Sociale Emmaus

Storie a colori dal Piemonte: Cooperativa Sociale Emmaus
Valori e radici alla base della crescita della cooperativa sociale di Novara, tra progetti e innovazione

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Tags: Federsolidarietà,   storie,   Novara,   Cooperativa Emmaus

Resilienza e solidarietà. Sono questi i valori che hanno guidato e continuano a guidare la storia della Cooperativa Emmaus, nata nel 1994 a Novara, da un’idea estremamente attuale di Don Dino Campiotti: quella del lavoro come chiave per il reinserimento sociale.

La strada di Don Dino ed Emmaus si intrecciano ad Olengo, paesino a 2 km da Novara, dove qualche anno prima aveva fondato una comunità di recupero per tossicodipendenti: Villa Segù. Con un’attenzione sempre rivolta agli ultimi, la nascita della Cooperativa Emmaus segna la decisione di aiutarli a costruire un futuro e di tracciare un percorso lavorativo e formativo, che, una volta usciti dalla comunità, li spingesse a “prendere un altro treno” e a non tornare sui propri passi.

Nel corso degli anni la Cooperativa cresce e, grazie alle numerose collaborazioni con il pubblico e con il privato, si dimostra capace di affiancare alle storiche attività dei nuovi percorsi di innovazione.

Arriviamo agli anni 2000, la crisi inizia a farsi sentire e Don Dino, allora direttore della Caritas di Novara, si accorge delle enormi difficoltà a cui numerose famiglie sono costrette a causa della disoccupazione crescente. Quegli ultimi a cui prestare supporto hanno, nel nuovo secolo, volti e bisogni diversi: sono le persone che, a causa della crisi economica, si trovano espulse dal mercato del lavoro. 

Da qui la decisione di ampliare Emmaus, diversificando il più possibile le attività così da poter includere nuovi soggetti svantaggiati. Si passa così da 20 a 80 soci lavoratori e si intraprendono nuove attività: dalla gestione dei dormitori di Novara a quella dell’ex campo Tav, un villaggio di seconda accoglienza dove il comune di Novara aveva messo in situazione temporanea le famiglie in disagio abitativo. Quella che avrebbe dovuto essere una soluzione temporanea si è protratta fino ad oggi, e il campo, ancora gestito da Emmaus, accoglie circa 100 persone.

Ed Emmaus continua a crescere, mai sazia di nuovi progetti, fino ad arrivare agli ultimi 3 anni in cui Campiotti decide di riportare in vita il polo di Via Ansaldi e di rinnovare una struttura, che negli anni ’50 era già dedicata all’accoglienza e al reinserimento sociale, per farne il centro di un nuovo progetto di housing sociale. Da questa iniziativa in poi, la cooperativa assume forme innovative e si tinge di colori e di progetti.

Prima arriva il verde, quando nel parco della villa viene creato un orto, di 7000 mq con 4 serre, dove avvengono inserimenti lavorativi in collaborazione con il carcere e varie associazioni di Novara. L’orto si apre alla città due volte a settimana, con un mercatino dove vengono venduti i prodotti coltivati, nel massimo rispetto di chi lavora e con un occhio di riguardo alla sostenibilità. L’orto nasce da un’idea e dà vita a una comunità, fatta di una clientela fidelizzata che cerca prodotti di qualità, un luogo per socializzare e una causa da sostenere, anche nei momenti di difficoltà.

A seguire arrivano tutti gli altri colori. Il polo è infatti completato dalla sartoria, nata inizialmente nell’ex villaggio Tav come centro di aggregazione per le donne; all’epoca all’interno del polo vivevano circa 500 persone di 19 etnie diverse, una vera e propria bomba sociale che ha visto in questa attività imprenditoriale una modalità di convivenza creativa e fruttuosa.


Grazie anche a un protocollo promosso da Confcooperative Federsolidarietà e Alta Gamma, oggi la sartoria è una vera eccellenza del territorio, arrivando a collaborare con importanti case di moda.  Questo laboratorio, nato come luogo di socializzazione è diventato un’attività produttiva tout court dove vengono realizzati abiti di alta gamma. Ecco allora che la cooperazione sociale non fa più rima solo con “sfortuna” e “ultimi”, ma anche con “eccellenza” e “qualità” e diventa sfida e interlocutore per il mondo del profit.

Ma la cooperazione sociale è simbolo anche di resilienza, come dimostrano la produzione di mascherine, affiancata a quella di abiti, e l’accoglienza nella struttura di housing di infermieri, OSS e medici assunti per far fronte all’emergenza COVID.  

Ad oggi il futuro della Cooperativa Emmaus punta sul polo di Via Ansaldi, con l’obiettivo di aprirsi sempre di più verso l’esterno, dialogando sia con l’imprenditoria che con la cittadinanza, per costruire intrecci di persone, progetti e storie.

Nel futuro della cooperativa c’è spazio anche per la sostenibilità, non solo sociale, ma anche ambientale: il ricorso al fotovoltaico e alla geotermia sono altri modi ancora per dire che “un altro mondo è possibile”, che si può fare “economia” senza sfruttare uomini e risorse.

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